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LAVORO | Incentivo Occupazione Sud 2018

L’Incentivo occupazione Mezzogiorno, attivo dal 1° gennaio 2018 per l’intero anno, e in sostanziale continuità con l’Incentivo occupazione Sud del 2017, riguarda le seguenti categorie:

  • lavoratori e lavoratrici di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
  • lavoratori e lavoratrici con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

L’incentivo, la cui attuazione è demandata all’Inps, riguarda le regioni Abruzzo, Molise, Sardegna, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e prevede sgravi dei contributi a carico dei datori di lavoro privati, da fruire mediante conguaglio sui contributi Inps.

Leggi qui le indicazioni operative dell'Inps.

L’incentivo è cumulabile con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile stabile (art. 1 comma 100, della legge 27 dicembre 2017, n. 205).

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Direzione - Luigi Ledda
Telefono: 0784 233313
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Bandi | il Bollettino del Parco Scientifico e tecnologico della Sardegna

In allegato il "Bollettino" la lettera d'informazione del Parco scientifico e tecnologico della Sardegna.

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LAVORO | INL: installazione e utilizzazione di impianti audiovisivi

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la circolare n. 5 del 19 febbraio 2018, con la quale fornisce indicazioni operative in ordine alle problematiche inerenti l’installazione e l’utilizzazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/1970.

In particolare, l’Ispettorato ha innovato – rispetto al passato – su alcuni aspetti legati agli strumenti di controllo che l’azienda può attivare:

Possibilità di inquadrare direttamente l’operatore qualora vi siano ragioni giustificatrici legate alla “sicurezza del lavoro” o al “patrimonio aziendale”);
Possibilità di non indicare l’esatta posizione ed il numero delle telecamere da installare;
Tracciabilità dell’accesso alle immagini registrate attraverso un “log di accesso” per un congruo periodo, non inferiore a 6 mesi. Su questa base, non andrà più previsto l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”;
Non richiesta l’autorizzazione in caso di installazione di telecamere in zone esterne estranee alle pertinenze della ditta (es. il suolo pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda), nelle quali non è prestata attività lavorativa.
Possibile attivazione del riconoscimento biometrico, qualora installato per motivi di sicurezza, senza la richiesta autorizzatoria all’Ispettorato del Lavoro.

Istruttoria delle istanze presentate

L’istruttoria può essere effettuata anche da personale ispettivo ordinario o amministrativo e, solo in casi assolutamente eccezionali comportanti valutazioni tecniche di particolare complessità, anche al personale ispettivo tecnico.

L’oggetto dell’attività valutativa, infatti, va concentrata sulla effettiva sussistenza delle ragioni legittimanti l’adozione del provvedimento, tenendo presente in particolare la specifica finalità per la quale viene richiesta la singola autorizzazione e cioè le ragioni organizzative e produttive, quelle di sicurezza sul lavoro e quelle di tutela del patrimonio aziendale.

Conseguentemente, le eventuali condizioni poste all’utilizzo delle varie strumentazioni utilizzate devono essere necessariamente correlate alla specifica finalità individuata nell’istanza senza, però, particolari ulteriori limitazioni di carattere tecnico.

L’eventuale ripresa dei lavoratori, di norma, dovrebbe avvenire in via incidentale e con carattere di occasionalità ma nulla impedisce, se sussistono le ragioni giustificatrici del controllo (ad esempio tutela della “sicurezza del lavoro” o del “patrimonio aziendale”), di inquadrare direttamente l’operatore, senza introdurre condizioni quali, per esempio, “l’angolo di ripresa” della telecamera oppure “l’oscuramento del volto del lavoratore”.

Parimenti, sempre in tema di videosorveglianza, non appare fondamentale specificare il posizionamento predeterminato e l’esatto numero delle telecamere da installare fermo restando, comunque, che le riprese effettuate devono necessariamente essere coerenti e strettamente connesse con le ragioni legittimanti il controllo e dichiarate nell’istanza, ragioni la cui effettiva sussistenza va sempre verificata in sede di eventuale accertamento ispettivo. Ciò in quanto lo stato dei luoghi e il posizionamento delle merci o degli impianti produttivi è spesso oggetto di continue modificazioni nel corso del tempo (si pensi ad esempio alla rotazione delle merci nelle strutture della grande distribuzione) e pertanto rendono scarsamente utile una analitica istruttoria basata su planimetrie che nel corso del breve periodo non sono assolutamente rappresentative del contesto lavorativo.

Del resto, un provvedimento autorizzativo basato sulle esibizione di una documentazione che “fotografa” lo stato dei luoghi in un determinato momento storico rischierebbe di perdere efficacia nel momento stesso in cui tale “stato” venga modificato per varie esigenze, con la conseguente necessità di un aggiornamento periodico dello specifico provvedimento autorizzativo, pur in presenza delle medesime ragioni legittimanti l’installazione degli strumenti di controllo.

Da ultimo va precisato che il provvedimento autorizzativo viene rilasciato sulla base delle specifiche ragioni dichiarate dall’istante in sede di richiesta. L’attività di controllo, pertanto, è legittima se strettamente funzionale alla tutela dell’interesse dichiarato, interesse che non può essere modificato nel corso del tempo nemmeno se vengano invocate le altre ragioni legittimanti il controllo stesso ma non dichiarate nell’istanza di autorizzazione.

Gli eventuali controlli ispettivi successivi al rilascio del provvedimento autorizzativo, pertanto, dovranno innanzitutto verificare che le modalità di utilizzo degli strumenti di controllo siano assolutamente conformi e coerenti con le finalità dichiarate.

Tutela del patrimonio aziendale

Fra le ragioni giustificatrici del controllo a distanza dei lavoratori l’elemento di novità introdotto dalla più recente normativa è rappresentato dalla tutela del patrimonio aziendale che in precedenza veniva considerato come unico criterio legittimante delle visite personali di controllo.

Tale presupposto necessita però di una attenta valutazione in quanto l’ampiezza della nozione di “patrimonio aziendale” rischia di non trovare una adeguata delimitazione e, conseguentemente, non fungere da “idoneo filtro” alla ammissibilità delle richieste di autorizzazione.

In primo luogo va chiarito che tale problematica non si pone per le richieste che riguardano dispositivi collegati ad impianti di antifurto che tutelano il patrimonio aziendale in quanto tali dispositivi, entrando in funzione soltanto quando in azienda non sono presenti lavoratori, non consentono alcuna forma di controllo incidentale degli stessi e pertanto possono essere autorizzati secondo le modalità di cui alla nota n. 299 del 28 novembre 2017.

Diversa invece è l’ipotesi in cui la richiesta di installazione riguardi dispositivi operanti in presenza del personale aziendale, in quanto in tal caso la generica motivazione di “tutela del patrimonio” va necessariamente declinata per non vanificare le finalità poste alla base della disciplina normativa.

In tali fattispecie, come ricorda il garante della privacy, i principi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio, che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative dei diritti dei lavoratori.

Inoltre, tra gli elementi che devono essere tenuti presenti nella comparazione dei contrapposti interessi, non possono non rientrare anche quelli relativi all’intrinseco valore e alla agevole asportabilità dei beni costituendi il patrimonio aziendale.

Telecamere

Ove sussistano le ragioni giustificatrici del provvedimento, è autorizzabile da postazione remota sia la visione delle immagini “in tempo reale” che registrate.

Tuttavia, l’accesso da postazione remota alle immagini “in tempo reale” deve essere autorizzato solo in casi eccezionali debitamente motivati.

L’accesso alle immagini registrate, sia da remoto che “in loco”, deve essere necessariamente tracciato anche tramite apposite funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un congruo periodo, non inferiore a 6 mesi; pertanto non va più posta più come condizione, nell’ambito del provvedimento autorizzativo, l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.

Quanto invece al “perimetro” spaziale di applicazione della disciplina in esame, l’orientamento giurisprudenziale tende ad identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche quelli esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario o occasionale (ad es. zone di carico e scarico merci). La Corte di Cassazione penale (sent. n. 1490/1986) afferma infatti che l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero da un provvedimento dell’Ispettorato del lavoro.

Sarebbero invece da escludere dall’applicazione della norma quelle zone esterne estranee alle pertinenze della ditta, come ad es. il suolo pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda, nelle quali non è prestata attività lavorativa.

Dati biometrici

Il riconoscimento biometrico, installato sulle macchine con lo scopo di impedire l’utilizzo della macchina a soggetti non autorizzati, necessario per avviare il funzionamento della stessa, può essere considerato uno strumento indispensabile a “...rendere la prestazione lavorativa...” e pertanto si possa prescindere, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/1970, sia dall’accordo con le rappresentanze sindacali sia dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsto dalla legge.

Fonte: Ispettorato Nazionale del Lavoro

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FISCO | Rimborsi d'imposta - Erogazione del 13 febbraio 2018

L'Agenzia delle entrate ha fornito i dati relativi allo stanziamento per la copertura dei rimborsi in conto fiscale (inclusi quelli prioritari) aventi data presunta di erogazione fino al 13 febbraio 2018, che ammonta a 639 milioni di euro. Si ricorda che lo stanziamento del mese precedente è stato pari a 1.262 milioni di euro.

Pertanto l'ammontare complessivo stanziato nei primi due mesi del 2018 raggiunte 1.901 milioni di euro, registrando un incremento di circa il 20% rispetto alle erogazioni comunicate per lo stesso periodo nell'anno precedente (1.581 milioni).

Si allega la ripartizione territoriale per Provincia delle erogazioni del mese di febbraio ed il riepilogo degli stanziamenti effettuati dal 2008 ad oggi.

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EDILIZIA Quando si applica lo Split payment

Il momento a partire dal quale si applica il meccanismo della scissione dei pagamenti (c.d. split payment) coincide con la data di effettiva inclusione dei c.d. soggetti split, negli elenchi del MEF e della relativa pubblicazione sul sito del dipartimento delle Finanze.

È quanto chiarito dal Dipartimento delle Finanze che ha pubblicato una nota con la quale è intervenuto sulla questione relativa all’efficacia temporale del meccanismo della scissione dei pagamenti, chiarendo che esso ha effetto dal momento in cui il soggetto split viene inserito nell’elenco ministeriale.

Per fugare ogni ulteriore dubbio sul merito, e facilitare la consultazione da parte dei contribuenti, negli elenchi è stata aggiunta una colonna in cui viene indicata la data di inserimento nella lista dei soggetti split. Il chiarimento del MEF è intervenuto per tutelare “il legittimo affidamento dei soggetti interessati” a fronte delle numerose modifiche normative alla disciplina, soprattutto riguardo al profilo soggettivo di applicazione.

A tal proposito si ricorda che il meccanismo del cd. split payment, introdotto dal 1 gennaio 2015, pone in capo alle Pubbliche Amministrazioni e ad alcune tipologie di società ed enti, il versamento dell’IVA relativa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle stesse. Le ultime modifiche normative alla disciplina dello split payment sono state apportate D.L. 148/2017 (cd. Decreto Fiscale) convertito con modifiche nella legge n.172/2017 che ha riformulato il co.1-bis dell’art.17-ter del D.P.R. 633/1972, estendendo, a decorrere dal 1° gennaio 2018, l’applicazione dello split payment, anche ad altri soggetti pubblici, ovvero:
• tutte le pubbliche amministrazioni;
• gli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
• le fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%;
• tutte le società controllate, in via diretta, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (e le società da queste stesse controllate);
• tutte le società controllate, in via diretta o indiretta, dalle amministrazioni pubbliche, dalle regioni, province, città metropolitane, comuni ed unioni di comuni o da enti pubblici economici nazionali, regionali e locali e da fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche (e le società da queste stesse controllate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70);
• le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.
Gli elenchi sono consultabili sul sito del Dipartimento delle Finanze e la ricerca dei soggetti viene fatta tramite l’inserimento del codice fiscale.

Come noto, in tema di split payment, l’Ance, con tutte le sigle datoriali delle costruzioni, ha presentato alla Commissione europea una denuncia con la quale si evidenziano le violazioni delle norme comunitarie in materia di Iva, determinate dal meccanismo della scissione dei pagamenti. Lo split payment viola, infatti, il principio di neutralità dell’Iva a causa dell’insostenibile ritardo con cui lo Stato italiano eroga i rimborsi, e introduce una deroga alla Direttiva Iva non proporzionata e di portata eccessivamente ampia, sia a livello temporale che per numero di soggetti coinvolti.

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Referente: Rosanna Deriu
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