Squinzi: "PIL - non c'è ripresa vera" | Intervista rilasciata al Corriere della Sera

Riportiamo l'intervista che Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha rilasciato lo scorso 15 agosto al Corriere della Sera, in riferimento ai dati Istat sul PIL. Avanti con le riforme per crescere del 2% - ha dichiarato Squinzi - che il Pil sia aumentato dello 0,2% è positivo. Ma avremmo bisogno di numeri decisamente migliori.

«Tanto più che questo 0,2 è dovuto essenzialmente al basso prezzo del petrolio, alla svalutazione dell’euro e all’iniezione di liquidità della Bce». Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria, non si accontenta e invita a osare di più, molto di più. «L’Italia deve tornare a crescere al ritmo del 2% l’anno, ma per riuscirci dobbiamo fare le “grandi pulizie”».

Che significa?
«Andare avanti con le riforme, che peraltro il governo Renzi ha in parte tradotto in legge, ma che ora devono essere attuate. Mi riferisco alle riforme istituzionali, ma anche a tutte quelle con un impatto diretto sull’economia».

Quali le più importanti?
«Partirei dalla riforma della pubblica amministrazione.Bisogna semplificare drasticamente le procedure per fare impresa. I tempi per le autorizzazioni sono allucinanti. Le faccio un esempio che riguarda la mia azienda. Dovevamo modificare una finestra a Milano, abbiamo chiesto l’autorizzazione nel 2004, è arrivata adesso. In Italia per aprire o ampliare uno stabilimento del mio gruppo (Mapei, ndr ) ci vogliono 7-8 anni. All’estero ne ho una sessantina e in media ci vogliono 60-90 giorni. Fondamentale è anche l’attuazione della delega fiscale, per rimettere Stato e contribuente sullo stesso piano. Poi ci vogliono relazioni industriali moderne, che accompagnino le riforme del lavoro».

Con lo zero virgola, l’occupazione non aumenta.
«Certo che no. Servono interventi di politica industriale in alcuni settori. Prenda l’edilizia. Dal 2007 a oggi si sono persi 900 mila posti di lavoro e i volumi di produzione si sono più che dimezzati. Ci vorrebbe un intervento a tutto campo, dall’edilizia abitativa alle grandi infrastrutture. Questo è un comparto ad altissima intensità di manodopera e rivolto al mercato interno. Si possono fare interventi in molti campi: risparmio energetico, dissesto idrogeologico, post e pre-sismica. Solo per il centro de L’Aquila ci vorrebbero una trentina di miliardi. Per non parlare delle infrastrutture. Bisogna investire, come gli altri Paesi europei».

Francia e Spagna, però, da anni chiudono il bilancio con un deficit ben superiore al 3% del Pil. Dovremmo fare così?
«No, perché l’Italia ha un debito pubblico molto più alto. Ma se si fa una seria spending review, si possono trovare le risorse da investire».

Presidente, perché l’occupazione non aumenta nonostante il mix di sgravi contributivi e taglio dell’Irap senza precedenti?
«Perché non riparte la domanda interna. Perfino nel settore alimentare i consumi non sono aumentati né in quantità né in qualità».

Altre analisi sottolineano che c’è anche un problema di bassa produttività e investimenti inadeguati perché la struttura produttiva è frammentata e le aziende puntano poco sull’innovazione.
«Non sono d’accordo. Se ancora oggi siamo la seconda industria manifatturiera d’Europa il quinto esportatore nel mondo e l’ottava economia del pianeta, ciò è dovuto alle nostre imprese che si battono sui mercati con grandi capacità e inventiva. Ripeto: manca il mercato interno. Servono riforme, investimenti, taglio della spesa. La mia è una Confindustria che non ha chiesto incentivi, ma condizioni di competitività. Non chiediamo di fare più profitti ma più lavoro perché siamo consapevoli che un Paese col 40% di disoccupazione giovanile sta perdendo non una ma forse due generazioni; con i ragazzi che si impasticcano che stanno diventando un problema sociale».

Renzi promette un taglio da 35 miliardi delle tasse.
«D’accordo, ma come lo finanziamo? Io dico, non aumentando il deficit ma con una seria spending review, altrimenti non mi pare possibile».

Lei dice che la sua Confindustria non ha chiesto nulla al governo. Che però vi ha dato sgravi senza precedenti e l’abolizione dell’articolo 18 che neppure Silvio Berlusconi, un premier imprenditore, era riuscito a darvi.
«Vero, ma tutto ciò che va a favore delle imprese va a favore del Paese. La ricchezza per distribuirla, bisogna prima crearla. Per questo le riforme sono decisive».

Lei ha detto anche quelle istituzionali. Pensa che Renzi farebbe bene ad accordarsi su questo con Berlusconi?
«Premesso che Confindustria non fa politica, siamo sempre favorevoli a intese che facilitino l’approvazione di riforme per la governabilità e la stabilità».

Le parti sociali, mai come ora, soffrono una crisi di rappresentatività e di ruolo.
«Non sono d’accordo. Confindustria non è mai stata così rappresentativa. E la spinta a partecipare, che viene dalle nostre 154 mila aziende che volontariamente aderiscono e pagano il contributo associativo, non è mai stata così forte».

Ma riesce a farsi ascoltare dal governo?
«Sì. Le assicuro che anche se il governo non ha partecipato alla nostra assemblea annuale, ho rapporti continui con l’esecutivo».

Ritiene che la decontribuzione sugli assunti a tempo indeterminato, concessa per il 2015, debba diventare strutturale?
«Assolutamente sì».

Ma costerebbe 5 miliardi di euro all’anno.
«Ne varrebbe la pena, perché si tratta di utilizzare al massimo il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Per noi è una priorità anche nella contrattazione».

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Irene Bosu
Telefono: 0784 233312
Fax: 0784 233301
E-mail: i.bosu@assindnu.it
Allegati:
FileDimensione del File
Scarica questo file (Squinzi_Corriere_15_08_2015.pdf)Intervista_Squinzi_CorriereDellaSera_15agosto2015389 kB
Modifica Visualizzazione: Mobile Version | Standard Version