Bornioli: industria e manifatturiero sono fondamentali per la ripresa

 

Nel quadro del dibattito in corso sul ruolo delle attività industriali in Sardegna, ripubblichiamo lo stralcio di un'intervista del presidente Bornioli sull'importanza strategica dell'industria e del manifatturiero per la nostra economia: «non si può non rimarcare - ha sottolineato Bornioli -che si sta sviluppando in Sardegna una cultura antimprenditoriale ed antindustriale estesa a tutti i settori produttivi. L'industria e le attività manifatturiere sono fondamentali per la crescita. Certo, occorre puntare su un manifatturiero innovativo compatibile con altre vocazioni come il turismo, l'agricoltura, l'ambiente e le industrie culturali». L'intervista è stata realizzata da FocuSardegna ad aprile 2014

«I danni inferti dalla recessione al sistema imprenditoriale italiano sono pesantissimi e gli effetti della crisi sulla Sardegna centrale sono stati ancora più devastanti. Sono scomparsi interi settori produttivi a partire dalla grande industria tessile, la chimica è ridotta al lumicino, l'edilizia è crollata, il turismo è in forte difficoltà, idem per il settore agricolo-pastorale. Negli ultimi decenni il nostro territorio è stato attraversato da un progressivo processo di deindustrializzazione cui non è seguito un parallelo processo di riconversione. Cosa fare dunque? Per rilanciare il nostro territorio dobbiamo puntare su un'economia integrata, dove convivano industria, agricoltura, turismo e servizi. Credo che comunque la via di uscita dalla crisi passi dal rilancio delle produzioni manifatturiere, tra i quali va citato anzitutto il settore agroalimentare. Senza manifatturiero e senza industria non può esserci crescita sostenibile. 

Occorre inoltre puntare sui settori produttivi esistenti che offrono maggiori garanzie, e penso per esempio all'industria estrattiva di Orosei e Orani e al rilancio del settore delle costruzioni tramite un nuovo impulso all'edilizia scolastica e al recupero dei centri storici. Occorre infine promuovere lo sviluppo di nuovi settori a partire dalla valorizzazione delle risorse di cui disponiamo, e penso all'importante patrimonio culturale e all'industria della cultura a Nuoro e dintorni; penso poi allo straordinario patrimonio ambientale della Sardegna centrale da valorizzare a fini turistici e produttivi, soprattutto nelle zone interne».

«Quanto alle nuove esigenze che l'industria deve soddisfare penso a tre fattori principali: non ci sarà crescita senza innovazione tecnologica, senza export e senza qualità del prodotto, il tutto declinato in un'ottica di compatibilità e sostenibilità ambientale. Per esempio le produzioni del Distretto del Marmo di Orosei rispettano in pieno tutte e tre queste caratteristiche: a ciò è dovuto il loro successo».

Nonostante la crisi, l'Italia resta il secondo Paese manifatturiero d'Europa e il quinto al mondo. Dall'industria deriva non solo il 17% del Pil nazionale (il doppio se si considera l'indotto) ma anche l'80% dell'export italiano. È l'industria a creare i posti di lavoro più qualificati e meglio retribuiti e la maggior parte degli investimenti in ricerca e innovazione. Ogni euro fatturato nell'attività manifatturiera genera almeno un altro euro di attività nel resto dell'economia grazie alla capacità delle attività industriali di moltiplicare il valore aggiunto negli altri settori».

«È evidente che per riprendere a crescere il sistema Italia deve far perno sul settore industriale, e in particolare sul manifatturiero, motore della nostra economia e unico settore in grado di riattivare gli altri comparti produttivi perché acquista beni e servizi prodotti dagli altri settori».

«In Sardegna, nonostante la crisi, le sole industrie petrolifera, chimica e metallurgica valgono ancora il 91% dell'export regionale che complessivamente ammonta a 5,4 miliardi di euro. Dei restanti 447 milioni di euro, 168 sono imputabili all'agroindustria e solo 6 milioni ai prodotti agricoli. Anche in Sardegna pertanto l'industria è fondamentale, in particolare quella manifatturiera. Probabilmente viste le difficoltà della cosiddetta grande industria occorre puntare su un manifatturiero più leggero e più compatibile con altre vocazione economiche isolane come il turismo, l'agricoltura, l'ambiente e le industrie culturali. Ma per fare ciò occorre progettare e attuare una seria politica industriale e produttiva, compito questo di chi ci governa. Finora è mancata sia la programmazione che il progetto».

«Quanto all'immagine dell'industria, non si può non rimarcare che si sta sviluppando in Sardegna una cultura antimprenditoriale ed antindustriale che si sta estendendo ormai a tutti i settori produttivi. La responsabilità è della crisi e di certi fallimenti che hanno creato sfiducia, e di alcuni casi di inquinamento ambientale che hanno creato diffidenza. Ma non si può generalizzare e fare d'ogni erba un fascio. Certe situazioni vanno condannate con severità ma occorre sempre ricordare che è l'impresa che crea occupazione e lavoro, e che la stragrande maggioranza delle imprese sono sane e capaci».

Bornioli è inoltre intervenuto in merito alla frequente contrapposizione che si viene a creare tra diritto al salute e diritto.

«Occorre dire che entrambi i diritti sono sacrosanti e non devono essere messi in contrapposizione. Oggi, le leggi e le normative in vigore a livello europeo, nazionale e regionale garantiscono lo svolgimento di attività industriali e produttive compatibili con la salute e la tutela ambientale. In particolare la normativa italiana è tra le più rigorose e severe in assoluto, e le procedure autorizzative sono fin troppo rigide, lunghe e complesse. Nel caso di gravi violazioni delle leggi e qualora siano accertate gravi ripercussioni sulla salute ed sull'ambiente, ritengo corretto l'intervento della magistratura. Spesso comunque i casi gravi di inquinamento ambientale e di danno alla salute sono determinati da attività nate tanti anni fa, quando la normativa era molto più blanda e la sensibilità dell'opinione pubblica in materia era molto meno rigorosa. Può succedere che gli effetti negativi sulla salute o sull'ambiente si materializzino solo ora, ma è sbagliato legare situazioni createsi in anni lontani alle industrie attuali».

«Ambiente e salute sono valori fondamentali, ma in questa fase storica abbiamo un disperato bisogno di creare impresa ed occupazione. Invece sembra quasi che ci siamo dimenticati del concetto di sviluppo sostenibile, cioè il rendere compatibile la crescita economica con la tutela ambientale e la salute, se ne parla ormai poco. E non solo, in alcuni settori dell'opinione pubblica vi è un pericoloso risveglio della sindrome nimby, che prevede di poter attivare le iniziative imprenditoriali, ma anche i progetti a valenza pubblica che possono creare impatto, solo lontano da casa propria».

«Secondo la logica nimby si producono rifiuti ma non si vogliono gli impianti di smaltimento, si utilizza l'energia (illuminazione, riscaldamento, auto, ecc.) ma non si vogliono le centrali di produzione né tantomeno i pozzi di estrazione. Insomma si godono i benefici della tecnologia e della vita moderna ma non si accettano gli eventuali e potenziali svantaggi che ciò comporta. Non mi pare né giusto né morale utilizzare il petrolio estratto magari in un paese del terzo mondo per la propria auto, per la propria casa e per le proprie necessità, rifiutando a priori ed a prescindere di estrarlo vicino a casa propria».

«Io sono contro i no a prescindere. Oggi ci si oppone a prescindere e con pregiudizio a tutto, magari senza conoscere le leggi, e questo avviene ormai in tanti settori: industriale ed energetico, ma anche turistico, estrattivo ed infrastrutturale. Spesso si evocano strumentalmente ambiente e salute, senza aspettare la definizione degli iter autorizzativi e la valutazione dei risultati, come se il fare impresa sia sempre e comunque incompatibile. Comitati del no e gruppi di pressione, che spesso costituiscono delle minoranze, si oppongono a priori alla realizzazione di impianti energetici ma anche di cave, alberghi, strade, campi da golf, impianti di smaltimento rifiuti».

«Ovviamente non tutto potrà essere realizzato, non tutti i progetti sono validi, non tutte le iniziative creano sviluppo e ritorni tangibili per la collettività. Per valutare tutto ciò ci sono le leggi, ma occorre soprattutto che chi ci governa si assuma le proprie responsabilità, faccia delle scelte chiare a favore della collettività e prenda le opportune decisioni».

 

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Francesca Puddu - Comunicazione Associativa
Telefono: 0784 233311
Fax: 0784 233301
E-mail: f.puddu@assindnu.it
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