Jobs Act (7° approfondimento): la nuova procedura di conciliazione in caso di licenziamento di lavoratore assunto con contratto a tutele crescenti

Jobs Act : la nuova procedura di conciliazione in caso di licenziamento di lavoratore assunto con contratto a tutele crescenti

A cura di Confindustria

Un’altra importante novità prevista dal D. Lgs. n. 23/2015 è l’introduzione di una nuova procedura tesa a favorire il raggiungimento di un accordo di conciliazione in caso di licenziamento di un lavoratore per il quale trova applicazione la disciplina del contratto a tutele crescenti. La norma è formulata in modo così ampio che si ritiene applicabile anche ai licenziamenti conseguenti ad una procedura di licenziamento collettivo.

L’art. 6 prevede espressamente che la procedure dell’offerta di conciliazione non esclude la possibilità per le parti di avvalersi di altre modalità di conciliazione previste dalla legge. Si ricorda, tuttavia, che l’art. 3, comma 3, del D. Lgs. n. 23/2015 esclude l’applicazione della procedura preventiva per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966.

La nuova procedura dell’offerta di conciliazione non ha né carattere obbligatorio, né preventivo. Infatti, successivamente al licenziamento, è rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro la facoltà di offrire al lavoratore la somma prevista dalla legge per giungere all’accordo di conciliazione.

Tuttavia, tale facoltà deve essere esercitata dal datore di lavoro “entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento”, ovvero entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione del licenziamento (cfr. art. 6, comma 1, Legge n. 604/1966).

Entro il termine di 60 giorni il datore di lavoro dovrà aver effettuato l’offerta e l’art. 6 richiede che essa avvenga in una delle sedi idonee per effettuare rinunce e transazioni ai sensi dell’art. 2113, comma 4, c.c. ovvero presso gli organi di certificazione di cui all’art. 76 del D. Lgs. n. 276/2003, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare.

A nostro avviso la materiale consegna dell’assegno, la cui offerta fosse formalmente verbalizzata nei termini e nelle sedi previste dalla legge, potrebbe avvenire anche successivamente al temine dei sessanta giorni, tanto più ove ciò avvenisse nell’ambito di una più ampia definizione conciliativa delle questioni derivanti dall’intercorso rapporto di lavoro.

Sarà, però, opportuno attendere, sul punto, le indicazioni che verranno dal Ministero del Lavoro.

La procedura di definizione dell’offerta conciliativa rappresenta uno degli aspetti più innovativi introdotti dal Decreto: è caratterizzata dalla previsione della consegna di un importo predeterminato dalla legge e che non è soggetto né ad oneri fiscali né a contribuzione previdenziale. Tale importo è pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità. 

A ragione degli incentivi di cui beneficiano le somme, a copertura dei quali sono stati previsti dal comma 2 specifici stanziamenti, nonché stante il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 6, comma 1, si ritiene che il limite delle diciotto mensilità costituisca un tetto massimo e che l’importo dell’assegno circolare debba essere strettamente parametrato all’anzianità di servizio del lavoratore.

L’altra caratteristica rilevante della disciplina prevista dall’art. 6 del D. Lgs. n. 23/2015 è la previsione di un effetto automatico di legge derivante dall’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore. Tale accettazione comporta ex lege l’estinzione del rapporto di lavoro e la rinuncia del lavoratore all’impugnazione del licenziamento anche qualora questa sia già stata effettuata.

Occorre, comunque, evidenziare che l’atto giuridico che determina la cessazione del rapporto di lavoro ha, a tutti gli effetti di legge, natura di licenziamento. L’art. 6, comma 1, peraltro, prevede espressamente che l’estinzione del rapporto di lavoro avviene fin dalla data di comunicazione del licenziamento. Dunque il lavoratore avrà senz’altro accesso alle prestazioni di sostegno al reddito per i disoccupati.

È importante soffermarsi sugli effetti che la legge fa derivare dall’accettazione dell’assegno circolare. L’effetto di rinuncia ex lege riguarda, per espressa previsione normativa, solamente l’impugnazione del licenziamento. Non si estende, pertanto, ad ulteriori profili di eventuale contenzioso collegati alla cessazione del rapporto di lavoro (ad es. differenze retributive).

Qualora vi sia l’interesse ad una definizione più complessiva dei rapporti giuridici connessi al rapporto di lavoro, occorrerà addivenire ad un più ampio accordo transattivo che tenga conto anche di tali ulteriori profili. Si tratta di un’ipotesi prevista dalla stessa normativa che, all’ultimo periodo dell’art. 6, comma 1, richiama espressamente la disciplina fiscale applicabile, chiarendo che tali ulteriori somme non beneficiano dell’incentivo della detassazione ma sono assoggettate al regime fiscale ordinario ossia, a nostro avviso, quello ordinariamente previsto per le transazioni.

Infine, il comma 3 prevede una particolare disciplina per il monitoraggio e la valutazione di questa nuova procedura.

In primo luogo, il monitoraggio dell’attuazione di questa disposizione è affidato al sistema permanente di monitoraggio di cui all’art. 1, comma 2, della Legge n. 92/2012.

Inoltre, l’attività di monitoraggio coinvolge direttamente i datori di lavoro e le imprese.

È stato, infatti, previsto un onere di comunicazione aggiuntivo rispetto alla comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di lavoro.

La comunicazione integrativa deve essere effettuata nel termine perentorio di 65 giorni decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro e deve contenere l’indicazione dell’avvenuta ovvero non avvenuta conciliazione ai sensi della presente disposizione. Viene conseguentemente previsto che si dovrà procedere alla riformulazione del modello di trasmissione della comunicazione obbligatoria.

L’art. 6, comma 3, del D. Lgs. n. 23/2015 prevede l’omessa effettuazione della comunicazione integrativa “è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l’omissione della comunicazione di cui all’articolo 4-bis”. Tale sanzione è individuabile nella disposizione di cui all’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.

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