Quote rosa: dal 12 agosto 2012 più donne nei CdA

Come noto, la legge del 12 luglio 2011 n. 120 (c.d. Legge Golfo-Mosca, in vigore dal 12 agosto 2011) ha chiarito il Testo Unico della Finanza, stabilendo che gli statuti delle società quotate e di quelle a controllo pubblico debbano prevedere disposizioni volte a riservare al genere meno rappresentato una quota pari ad almeno un terzo dei componenti i consigli di amministrazione (art. 147 ter TUF) ed i collegi sindacali (art. 148 TUF).

Si tratta di una legge "a tempo determinato": ed invero, detto criterio di riparto si applicherà (solo) per tre mandati consecutivi, "a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e degli organi di controllo delle società quotate in mercati regolamentati successivo ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge riservando al genere meno rappresentato, per il primo mandato in applicazione della legge, una quota pari almeno a un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti", ai sensi dell'art. 2 L. 120/2011.

In altri termini, a partire dal 12 agosto 2012, in occasione dei rinnovi dei Cda e dei Collegi Sindacali di società quotate e di società a controllo pubblico, dovranno essere rispettate le c.d. "quote rosa" in misura pari ad almeno un quinto per il primo mandato e pari ad almeno un terzo per i due mandati successivi.

Sull'opportunità di un provvedimento legislativo in favore delle donne, viene spontaneo domandarsi se le donne – la cui presenza nel mondo del lavoro è sempre più massiccia e che rappresentano il 60% dei laureati in materie economico-giuridiche – avessero realmente bisogno di tale legge, volta a tutelarle come se fossero dei soggetti deboli. Cosa che, in sé considerate, le donne non sono affatto.

La risposta è senz'altro positiva e, nonostante il sempre più crescente ruolo delle donne nella nostra società, esse continuano ad essere assenti dai consigli di amministrazione delle società quotate in borsa. Più in generale, scarsa è sempre stata la presenza femminile nel mondo dell'impresa.

Del resto, il legislatore aveva già provato ad affrontare la problematica nel 1992, predisponendo delle misure di promozione dell'imprenditoria femminile con la legge 215 del 1992. In occasione dell'impugnazione di detta legge, la Corte Costituzionale ebbe occasione di esprimersi positivamente, in quanto si trattava di un provvedimento volto "a colmare o, comunque, ad attenuare un evidente squilibrio a sfavore delle donne, che, a causa di discriminazioni accumulatesi nel corso della storia passata per il dominio di determinati comportamenti sociali e modelli culturali, ha portato a favorire le persone di sesso maschile nell'occupazione delle posizioni di imprenditore o di dirigente d'azienda" (Corte Costituzionale n. 109 del 1993).

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
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