CSC In aumento le imprese manifatturiere italiane che scelgono fornitori domestici

L’aumento delle tensioni geopolitiche, la diffusione della pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno messo in evidenza le fragilità delle profonde interdipendenze produttive e di fornitura a livello globale e stanno spingendo le imprese verso una riconfigurazione delle catene di fornitura. Leggi la nota del Centro Studi Confindustria del 9 settembre 2023.

Una ricerca condotta, nel 2021, dal Centro Studi Confindustria e Re4It (Reshoring for Italy) sulle strategie di offshoring e reshoring delle imprese manifatturiere italiane evidenzia un uso limitato del backshoring di produzione (totale o parziale), cioè di rientro in Italia di fasi produttive precedentemente localizzate all’estero, mentre è rilevante il backshoring di fornitura, come confermato anche dall’indagine condotta dal Centro Studi Tagliacarne-Unioncamere ad aprile 2023.

Entrambe le indagini individuano nella maggiore resilienza, nella riduzione della distanza e nel miglioramento della qualità dei prodotti le principali ragioni di questa scelta su cui nei prossimi anni inciderà molto anche la necessità di aumentare la sostenibilità delle produzioni.

1. La riconfigurazione delle filiere produttive delle imprese in un nuovo scenario mondiale
Volatilità, incertezza, complessità e ambiguità

L’aumento delle tensioni geopolitiche, una globalizzazione che non ha mai coinvolto pienamente tutte le economie del mondo, l’uscita dall’Unione europea del Regno Unito, la diffusione della pandemia da Covid-19 e, per finire, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno messo in evidenza le fragilità delle profonde interdipendenze tra le economie, impattando direttamente sulle imprese. A questi eventi si affianca anche un forte aumento dei disastri naturali e degli attacchi informatici.

L’insieme di questi fattori ha cambiato lo scenario di riferimento in cui si trovano ad operare le imprese e i policy maker, rendendolo più volatile, incerto, complesso e ambiguo (VUCA, dall’acronimo inglese: volatility, uncertainty, complexity and ambiguity).

Governare le interdipendenze globali produttive e di conseguenza di fornitura, create negli ultimi trent’anni, si è rivelato, in questo ultimo triennio, più problematico soprattutto per quelle tipologie di imprese che hanno costruito nel tempo una catena del valore globale “tight”, con scarsa ridondanza dei fornitori, volta all’efficiente utilizzo dei diversi vantaggi competitivi, incardinata sull’organizzazione della produzione con una gestione prevalentemente finanziaria del magazzino (just-in-time). L’organizzazione internazionale della produzione, che include anche quella della fornitura, nasconde quindi un costo potenziale di cui tener conto, che è relativo al suo possibile blocco.

Diventa, quindi, sempre più rilevante per le imprese aumentare il loro grado di resilienza, la forza di reagire a eventi imprevisti e imprevedibili, preservando la loro efficienza. Le strategie di medio periodo spingono verso una riconfigurazione delle catene di fornitura che implementi anche le innovazioni tecnologiche che si realizzeranno.

Possibili riallocazioni nelle filiere di fornitura e nei processi produttivi
Nel prossimo triennio il World Economic Forum di maggio 2023 ha previsto cambiamenti nella struttura delle catene di fornitura, che spingeranno verso un loro accorciamento. Secondo un’indagine dell’Economist, su 3.000 senior executive a livello mondiale, nel 2022 è aumentata la quota di coloro che ha dichiarato di adottare, come strategia primaria, il nearshoring, rilocalizzazione delle proprie forniture a favore di fornitori localizzati in paesi geograficamente più vicini (dal 12% del 2021 al 20% del 2022); allo stesso tempo, c’è un incremento nella percentuale di chi opta per il backshoring, cambiamento a favore di fornitori del paese di origine (dal 5% al 15%).

Oltre alla riconfigurazione delle catene di fornitura ci potrebbero essere anche fenomeni di riallocazioni in patria – di singole fasi (selective backshoring di produzione) o di interi processi produttivi (backshoring di produzione) precedentemente delocalizzati – o spostamenti di attività in paesi più vicini geograficamente (nearshoring di produzione) o politicamente (friendshoring di produzione). La rilocalizzazione dell’attività produttiva precedentemente delocalizzata è, in genere, più complessa rispetto a quella di fornitura, a causa della presenza di elevati costi irrecuperabili legati agli ingenti investimenti effettuati nel paese di destinazione.

Per alcune economie, principalmente per quelle europee, caratterizzate da reti di fornitura già strutturate e dunque in grado di avvalersi di forti esternalità positive, può comportare l’avvio di un processo di re-industrializzazione; per altre – molte di quelle ancora emergenti – può condurre a una deindustrializzazione precoce, con un aumento della difficoltà di riuscire in prospettiva a estendere la matrice dell’offerta.

Il trade-off tra produrre in proprio e dislocare altrove
Tuttavia, la complessità e il costo dei processi di disinvestimento agiscono di per sé come un forte disincentivo alla ridislocazione internazionale delle produzioni, non soltanto nel caso in cui essi riguardino forme di re-integrazione verticale, ma anche qualora si tratti di riallocazioni della domanda di input intermedi da fornitori “lontani” a fornitori più prossimi. Ciò è destinato ad accadere ogniqualvolta i costi di riappropriazione delle competenze cedute alle economie emergenti in anni ormai lontani – e dunque ormai definitivamente dissipate nei paesi che le hanno delocalizzate – risulteranno maggiori di quelli sostenuti in quelle economie che oggi forniscono tali beni. Non a tutte le condizioni questo si realizzerà, perché l’enorme impatto della pandemia, prima, e della guerra, ora, sulla “domanda di sicurezza” in termini di disponibilità di beni essenziali ha modificato strutturalmente il trade-off tra produrre in proprio e affidare la produzione ad un mercato dislocato altrove.

A questo spettro di soluzioni ne va affiancata, quindi, un’altra, che consiste nella ridislocazione delle catene di fornitura non in aree più prossime, ma in aree altrettanto lontane (c.d. further offshoring), che si rivelino però in grado di garantire costi di produzione di nuovo inferiori a quelle dove esse erano già state dislocate, o quanto meno con un ragionevole grado di prossimità sotto il profilo politico-economico. L’intensità con la quale questo fenomeno potrà manifestarsi è funzione a sua volta del graduale aumento dei costi di produzione che lo stesso sviluppo della manifattura ha alimentato nelle economie emergenti destinatarie della prima ondata dei processi di offshoring (prevalentemente in quella cinese). Si tratta in questo caso di un’ulteriore diversificazione delle aree destinatarie di fenomeni di decentramento internazionale dell’offerta, potenzialmente in grado di favorire una estensione dello sviluppo della manifattura verso economie ancora in ritardo (se in grado di disporre di reti infrastrutturali adeguate, come ad esempio nei paesi del Far-East asiatico).

Questo scenario corrisponde di fatto a una prospettiva di resilienza delle catene globali del valore, che potrebbero continuare a esistere e a dispiegarsi su scala globale dopo aver attraversato un processo di trasformazione parziale per adattarsi alle nuove condizioni geopolitiche, economiche, sociali e tecnologiche. Esempi di tali trasformazioni sono una maggiore digitalizzazione, che consente un migliore controllo a distanza delle catene di fornitura, ma anche un aumento dell’automazione e quindi una riduzione dei costi – anche nei paesi ad alto costo del lavoro – e una parziale riconfigurazione geografica attraverso il trasferimento di alcune attività da un paese all’altro, senza perdere la dimensione globale. Le prospettive – backshoring, regionalizzazione/nearshoring, friendshoring e resilienza/further offshoring – non sono mutuamente esclusive e potrebbero coesistere.

 

 

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Francesca Puddu - Comunicazione Associativa
Telefono: 0784 233311
Fax: 0784 233301
E-mail: f.puddu@assindnu.it
Modifica Visualizzazione: Mobile Version | Standard Version