Agroalimentare settore strategico ma servono politiche di settore adeguate

     

Nuoro, 1 settembre 2014

Agroindustria: servono politiche e strategie di settore concrete

Non mettiamo sabbia negli ingranaggi

 

Rilevanza economica e occupazionale ed export

L’agroalimentare si conferma un asse strategico del tessuto economico regionale. E a confermarlo sono i dati dell’export 2013 elaborati dall’Istituto per il Commercio Estero che registra un balzo del 10% nelle esportazioni dei prodotti agroalimentari sardi, pari a un giro di affari complessivo di 167,5 milioni di euro (il 20% dell’export non oil). Il comparto vale in Sardegna 11mila occupati (il 20% degli occupati dell’industria) e 391 milioni di euro valore aggiunto nel 2011 (il 19% del valore aggiunto del manifatturiero). Tendenze positive confermate anche a livello provinciale. Nel Nuorese e in Ogliastra l’agroalimentare vale il 20% dell’export e conta più di 500 imprese attive e più di 1700 addetti. Da una analisi attenta sui dati export (tab 1), osserviamo però che le esportazioni sono concentrate su pochi prodotti e in particolare sui formaggi, seguito a distanza dai vini, salumi, pane e pasta, olio. Poi il vuoto. Sussistono pertanto enormi margini di miglioramento per incrementare le esportazioni del settore.

 

Cosa fare per migliorare le performance dell’agroindustria

Lo sviluppo delle potenzialità inespresse del settore può costituire uno dei motori della ripresa economica in Sardegna ma allo scopo servono politiche di settore adeguate:

1) interventi concreti sui veri problemi del settore agricolo (vedi § 4).

2) incentivare le aggregazioni d’impresa, la promozione e l’export, attraverso uno sforzo congiunto pubblico-privato. Occorre una strategia regionale per l’Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, centrata sul cibo e l’alimentazione, che deve rappresentare una vetrina di alto livello per l’agroalimentare sardo.

3) evitare di diffondere messaggi dannosi sull’origine delle materie prime, come se quelle sarde utilizzate dalla nostra industria di trasformazione non fossero di assoluta qualità. Visioni eccessivamente protezionistiche, che tendono a favorire solo lo sviluppo di filiere autarchiche, possono mettere sabbia negli ingranaggi e danneggiare le produzioni agroalimentare sarde, contribuendo a diffondere l’idea che ci siano prodotti di serie e prodotti di serie B.

4) lotta alla contraffazione e all’italian sounding.

5) attivare strategie e politiche integrate tra Assessorati Agricoltura e Industria e talora condivise anche con quello al Turismo, proprio a cominciare da Expo’ 2015.

6) Attuare le disposizioni nazionali previste dalle misure Campolibero e dal decreto Sbloccaitalia

 

Sostenere la filiera integrata

Per crescere occorre costruire un sistema integrato in cui agricoltura, agroindustria e GDO collaborino in una logica di filiera. Gli industriali sono i primi sostenitori di un’agricoltura e di un allevamento moderni e competitivi: dal settore primario infatti dipende lo sviluppo di un’agroindustria solida e performante.

 

I veri problemi del settore agricolo

Per supportare in modo efficiente la crescita e lo sviluppo del settore agroalimentare, bisogna che l’agricoltura raddoppi produzioni e fatturato portando il contributo del comparto al Pil regionale dall’attuale esiguo 3% almeno al 6%. Le produzioni regionali devono essere sufficienti per soddisfare le esigenze dell’agroindustria.

Occorrono pertanto interventi concreti sui veri problemi del comparto agricolo:

- peste suina e lingua blu impediscono alle aziende di trasformazione di utilizzare suini allevati in Sardegna e costano decine di milioni di euro ai contribuenti.

- produttività dei terreni agricoli che in Sardegna hanno un indice di rendimento di 0,7 a fronte a una media italiana pari a 2.

- stato degli enti regionali del comparto (per esempio Agris, che costa alla Regione 35 milioni all’anno, di cui 19 milioni per costi del personale).

- 800 milioni di euro di debiti delle aziende agricolesarde.

-Uso efficiente delle risorse (1,3 mld euro) provenienti da Psr e fondi europei.

 

Il marchio collettivo e l’indicazione di origine in etichetta

In questo senso la L.R. n.16 del 5 agosto 2014 sul marchio collettivo dell’agroalimentare di recente approvata dal Consiglio regionale non è sufficiente ad affrontare i problemi. Rispettiamo la legge che è stata approvata all’unanimità dal Consiglio ma riteniamo che essa non possa produrre particolari benefici al settore. Certo, i risultati dovranno valutarsi nel tempo ma sono altre le misure da adottare per sostenere e dare forza ai comparti agricolo e dell’agroindustria.

Essa inoltre pare in contrapposizione alla normativa europea in materia di etichettatura: secondo l’Ue infatti il luogo di origine di un alimento corrisponde al territorio dove si è svolta l’ultima fase di trasformazione sostanziale del prodotto.

Un’applicazione rigida della legge porterebbe infatti al paradosso di negare la dicitura “prodotto in Sardegna” alla maggior parte delle produzioni agroalimentari sarde: cosa fare con i salumi prodotti in Sardegna, per cui è impossibile utilizzare suini sardi a causa della peste suina. E cosa fare per la pasta, il pane e i prodotti dolciari? Produciamo abbastanza grano e zucchero? Inoltre, da una recente ricerca Doxa-Federalimentare risulta che il 91% degli italiani legge le etichette al momento dell’acquisto ma solo 1 su 10 considera rilevante l’origine delle materie prime.

 

Il dibattito sulle materie prime

Se vogliamo che l’agroindustria utilizzi materie prime isolane bisogna che queste siano disponibili sul mercato nella quantità e qualità adeguate al sistema produttivo. In Sardegna fatta eccezione per alcune materie prime, non si produce abbastanza, e non sempre nella qualità necessaria. Basti pensare che l’80% di frutta, verdura, carne e pesce consumati dai sardi è importato. L’agroindustria sarda è strutturalmente obbligata a utilizzare materie prime provenienti dall’Italia e dall’estero, senza per questo compromettere la qualità e la bontà dei prodotti. Occorre dare il giusto riconoscimento allostraordinario patrimonio di competenze, professionalità e tecniche nel selezionare e trasformare le materie prime secondo ricette e tradizioni secolari che è il vero valore dell’agrolimentare made in Sardinia. Secondo la ricerca Doxa-Federalimentare per gli italiani l’agroalimentare è il settore che meglio rappresenta l’Italia nel mondo, addirittura più di moda, design e automobili. Tali elementi sono validi anche per la Sardegna: la percezione dell’agroindustria come primo e vero simbolo del made in Sardinia certifica la vocazione alla qualità delle imprese sarde di trasformazione.

 

 

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Francesca Puddu - Comunicazione Associativa
Telefono: 0784 233311
Fax: 0784 233301
E-mail: f.puddu@assindnu.it
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