Area di Ottana. Rischio effetto domino su imprese esistenti e investimenti in campo

L’eventuale blocco della centrale elettrica per il mancato rinnovo dell’essenzialità non rappresenta un problema a se stante ma innescherà un immediato effetto domino sulle imprese insediate: la fermata della centrale determinerà a cascata la crisi il Consorzio industriale che non sarà più in grado di erogare i servizi alle aziende dell'area industriale (depurazione, fornitura idrica, illuminazione, manutenzioni strade). La situazione è stata illustrata in un documento che Confindustria ha inviato all'attenzione del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi in vista dell'incontro convocato domani al MiSE con il Governo, la Regione e le parti sociali sui temi dell'energia in Sardegna.

«Da una parte - spiega Confindustria in una nota - si pregiudicherà il riavvio di Ottana Polimeri e andranno in crisi aziende come Corstyrene, che dipendono dalla produzione di vapore della centrale; dall’altra la fermata della centrale determinerà a cascata anche la crisi del Consorzio Industriale Provinciale le cui entrate dipendono per il 90% da Ottana Energia e fino a un anno fa anche da Ottana Polimeri. Con la fermata di Ottana Energia, la crisi del Consorzio sarà inevitabile, con un conseguente impatto anche sulle imprese insediate tra cui Antica Fornace Villa di Chiesa, Eurozinc, Tirreno gas, Denti & Company, che si servono dei servizi del Consorzio (quali depurazione, fornitura idrica, illuminazione, manutenzioni strade). Condividiamo dunque le preoccupazioni emerse in queste ore sul futuro del Consorzio Industriale che già oggi versa in una difficile situazione finanziaria e che con la fermata di Ottana Energia non riuscirebbe a reggersi».

«La centrale elettrica - sottolinea la nostra Associazione nella nota - ha dunque un ruolo strategico per l’area industriale e il mancato rinnovo dell’essenzialità, oltre a determinare la fermata della centrale, finirà per decretare la fine dell’intero insediamento, che conta circa 430 addetti diretti (di cui circa 90 in cig) più l’indotto (manutenzioni, trasporti, servizi)».

«Oltre a compromettere il quadro esistente, - si legge nella nota dell'Associazione - il blocco della centrale e la conseguente crisi del Consorzio potrebbero pregiudicare la possibilità di avviare i nuovi investimenti previsti e la nuova occupazione, spegnendo così ogni speranza per la ripartenza di un sito industriale che ha ancora la possibilità di un rilancio. Da una parte, tra investimenti previsti, già avviati e potenziali, le aziende hanno messo sul tavolo circa 117 milioni di euro per progetti di ampliamento e rilancio aziendale (vedi tabelle 1-2); dall’altra ci sono circa altri 20 milioni di euro destinati a interventi di riqualificazione infrastrutturale: banda larga, viabilità, illuminazione pubblica, rete elettrica, videosorveglianza, antincendio (vedi tabella 3). Da una parte si mettono in campo investimenti privati e risorse pubbliche per attività produttive e infrastrutture, quest’ultime peraltro attese da tempo, e dall’altro è concreto il rischio che il mancato rinnovo dell’essenzialità possa compromettere in modo irreversibile la tenuta dell’intero sito industriale».

«La situazione, molto preoccupante, - conclude Confindustria - vista della riunione convocata al Mise il prossimo martedì 24 novembre sul tema dell’Energia. Sarà quella anche l’occasione per confrontarsi con il Governo sui costi dell’insularità, stimati dalla Regione in 1,1 miliardi di euro all’anno, di cui circa la metà dovuti all’assenza di metano. Il regime di essenzialità per le centrali sarde, anche per quella di Ottana, rappresenta in tal senso una compensazione necessaria per salvaguardare le produzioni e il futuro del sito fino all’arrivo del metano».

 

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