Nuova classificazione ATECO 2025 e riflessi operativi per i datori di lavoro

A partire dal 1° gennaio entra in vigore la classificazione ATECO 2025, che sarà adottata operativamente a partire dal 1° aprile.

L’ATECO è la classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT per finalità statistiche, finalizzata alla produzione e la diffusione di dati ufficiali ma utilizzata anche per altre finalità di natura amministrativa (ad esempio fiscali o per l’inquadramento previdenziale delle aziende).

In particolare, si evidenzia che sul sito istituzionale dell'Istituto nazionale di statistica www.istat.it è pubblicata la classificazione delle attività economiche ATECO 2025.
Come chiarito nel comunicato ISTAT sulla pagina dedicata, dal 1° gennaio saranno in vigore i nuovi codici ATECO 2025 in sostituzione di quelli attuali, l'operatività degli stessi è fissata ad aprile 2025.

Ai fini fiscali non vi è obbligo di presentare dichiarazione di variazione dati, ma il contribuente potrà comunicare una nuova codifica che ritenesse più adatta alla propria attività. I codici Ateco 2025 dovranno essere utilizzati per tutti gli adempimenti non solo di natura statistica, ma anche di natura amministrativa e fiscale.

Diverse sono le istanze che gli utenti indirizzano alle istituzioni in relazione alla classificazione ATECO, e ogni ente sarà impegnato a realizzare le azioni di ricodifica all’interno dei rispettivi registri; ad esempio, l’Agenzia delle Entrate aggiornerà la modulistica alla luce della nuova classificazione per le diverse finalità di natura fiscale, mentre l’ISTAT e il sistema camerale saranno impegnati in un processo di ricodifica dei rispettivi registri di unità economiche. Come precisato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 262/2008, l’adozione della riclassificazione non comporta l’obbligo di presentare la dichiarazione di variazione prevista dal D.P.R. n. 633/1972 (decreto IVA).

Malgrado ciò, ATECO 2025 introduce modifiche sia nella struttura dei codici che nei rispettivi titoli e contenuti, pertanto, qualora il contribuente ritenesse necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate una nuova codifica che meglio rappresenta l’attività svolta, dovrà inviare una pratica ComUnica se iscritto nel Registro delle imprese delle Camere di commercio, ovvero dovrà utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate (modello AA7/10 per società, enti, associazioni o il modello AA9/12 per imprese individuali, lavoratori autonomi, artisti e professionisti, oppure il modello AA5/6 per enti non commerciali, associazioni, o ancora il modello ANR/3 per l’identificazione diretta ai fini Iva di soggetto non residente), se non iscritto al Registro delle imprese delle Camere di commercio.

Utilizzo della classificazione ATECO ai fini previdenziali
In ambito previdenziale, la catalogazione delle attività economiche è il criterio utilizzato ai fini dell’inquadramento dei datori di lavoro per l’iscrizione relativa alla posizione aziendale aperta per i dipendenti.
La tipologia di attività svolta da un datore di lavoro ai fini previdenziali e assistenziali è identificata dal Codice Statistico Contributivo (CSC) INPS, composto da cinque cifre. Detto codice rappresenta un elemento fondamentale per l'inquadramento dei datori di lavoro che si realizza attraverso l’attribuzione di una classificazione nel settore di riferimento in relazione all’attività effettivamente esercitata con i dipendenti assunti.
In pratica, i datori di lavoro che inviano una domanda di iscrizione all’INPS hanno l’obbligo di comunicare il codice dell’attività economica esercitata in riferimento alla posizione aziendale aperta per i dipendenti, desunto dalla tabella ATECO e riportata in un’apposita circolare che l’Istituto emana in occasione dell’aggiornamento della classificazione, accludendo un manuale aggiornato e fornendo, altresì, i chiarimenti operativi sulle procedure automatizzate. L’inquadramento attribuito dall’INPS è effettuato ai sensi dell’ art. 49 della legge n. 88/1989, e il CSC codifica i dati nel modo seguente:
- la prima cifra identifica il settore di attività;
- la seconda e terza cifra identificano la classe di attività nella quale opera il datore di lavoro (es: tessile, edilizia, metalmeccanica, etc.);
- la quarta e la quinta cifra identificano la categoria, ossia la famiglia delle attività di dettaglio esercitate nell’ambito della classe.
Per ogni attività catalogata dall’ISTAT, l’Istituto prevede appositi indici statistico contributivi (CSC) da attribuire e le iscrizioni effettuate mediante il sistema automatizzato di inquadramento sono sottoposte a verifica da parte dell’Istituto e successivamente convalidate in caso di esito positivo.
L’inquadramento è il provvedimento con il quale l’INPS effettua la classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e assistenziali, in uno dei settori previsti ai sensi del citato art. 49, in relazione all’attività esercitata. L’inquadramento prevede l’attribuzione, in capo al datore di lavoro, di una posizione contributiva contraddistinta da una serie di codifiche, le quali, oltre a individuarlo e a collocarlo in un preciso settore, ne determinano le caratteristiche contributive:

La classificazione dei datori di lavoro disposta dall’INPS ha effetto a tutti i fini previdenziali e assistenziali, anche nei confronti di ogni altro Ente. Tale principio è definito come inquadramento “unico”, ed esclude la possibilità di scindere dall’inquadramento previdenziale la concessione di particolari agevolazioni ai datori di lavoro (esoneri, sgravi, fiscalizzazioni, etc.) ovvero l’applicazione di specifici regimi contributivi per i dipendenti. L’inquadramento nei diversi settori di attività effettuato dall’INPS si basa sull’attività effettivamente esercitata, a prescindere dal contratto collettivo applicato.
Con la Circolare n. 172/2010 l’INPS ha introdotto il principio dell’unicità della posizione contributiva, secondo il quale, in considerazione delle disposizioni che regolano l’apertura di distinte posizioni aziendali in ragione delle quali sono previsti obblighi contributivi differenziati in capo al medesimo datore di lavoro e dalle quali possono discendere anche diversità di classificazione ai fini previdenziali e assistenziali, il principio dell’unicità della posizione contributiva aziendale non può considerarsi discrezionale ma deve intendersi come obbligatorio.

Classificazione ATECO e individuazione del contratto collettivo
Il codice ATECO rileva anche nella scelta del contratto collettivo applicabile ai rapporti di lavoro, in base alla categoria professionale dell’azienda. Nell’individuazione del contratto collettivo il datore di lavoro deve fare riferimento alle attività effettivamente esercitate per individuare il settore di appartenenza, quindi scegliere il contratto più attinente, salvo il caso in cui aderisca ad un’associazione di categoria, in tal caso applicherà il CCNL da essa sottoscritto.
Anche nella scelta, quindi, il codice ATECO assume particolare importanza, atteso che generalmente i CCNL riportano i codici ad esso associabili, sebbene in alcuni casi sia comunque necessaria l’analisi del testo integrale del contratto. Infine, ricordiamo che mediante l’anagrafe comune dei contratti collettivi (art. 17, legge n. 936/1986) organizzata attraverso la collaborazione tra CNEL e INPS, si realizza la ricognizione dei contratti collettivi privi o con scarsa rappresentatività e di conseguenza dei contratti leader di settore, per contrastare il dumping contrattuale e i contratti cosiddetti pirata (ai fini dell’identificazione delle lavorazioni, con particolare riferimento alle stazioni appaltanti, i dati in archivio associano il campo di applicazione di ciascun CCNL ai codici ATECO).
L’argomento assume particolare rilevanza anche riguardo agli accertamenti ispettivi tesi a verificare la corretta fruizione di particolari benefici, e alle condizioni per l’accesso, da parte delle aziende, ad agevolazioni contributive e normative, alla luce dell’ art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 che subordina il riconoscimento di tali agevolazioni al rispetto degli accordi e contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (a riguardo si rinvia alle indicazioni fornite dall’INL con la
circolare n. 2 del 28 luglio 2020).

 

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