LAVORO | Aumento dei costi per l'imprenditore nel caso di licenziamento illegittimo

Indennità a favore del lòvoratore nel caso di licenziamento ingiustificato nel decreto Dignità

L’articolo 3 del decreto Dignità, nel testo risultante dalle modifiche ed integrazioni apportate dalla legge di conversione, prevede un incremento dei valori minimo e massimo dell’indennizzo previsto dal D.Lgs. n. 23/2015.

Quanto all’indennizzo conseguente alla sentenza dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo oggettivo o soggettivo, viene incrementato il range degli importi riconoscibili dal Giudice (comunque rigidamente prefissati e non soggetti ad applicazione discrezionale). In particolare, si passa dal precedente delta tra quattro e ventiquattro mensilità, ad un più elevato delta che va da un minimo di sei ad un massimo di trentasei mensilità. Tale calcolo rimane - come in precedenza - strettamente correlato all’anzianità di servizio del lavoratore illegittimamente licenziato e, pertanto, fatti salvi i limiti minimo e massimo, all’interno del range si riconosce una mensilità per ogni anno di servizio.

Per altro verso, l’articolo 3 dell’odierno testo del decreto Dignità disciplina anche - a seguito dell’integrazione apportata dalle Camere in sede di approvazione della legge di conversione - la quantificazione dell’indennizzo da riconoscersi, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 23/15, per il caso di offerta transattiva stragiudiziale operata da parte del datore di lavoro al fine di evitare l’instaurazione di un contenzioso.

In questo secondo caso, gli importi dell’indennizzo - comunque prefissati dalla norma - passano dal precedente range tra un minimo di 2 ed un massimo di 18 mensilità, al più elevato range tra 3 e 27 mensilità.

Quindi per concludere  per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato assunti a partire dal 7.3.2015 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2015)  illegittimamente licenziati, l’art. 3 del decreto prevede un risarcimento compreso tra 6 e 36 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR (in precedenza, nel d.lgs. 23/2015 le retribuzioni utili per stabilire la misura del risarcimento da licenziamento illegittimo erano comprese tra 4 e 24 mensilità).

La vecchia disciplina, quella contenuta nel d.lgs. 23/2015, art. 3 comma 1, prevedeva che nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.

Fonte Quotidiano Ipsoa lavoro e Previdenza

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