LAVORO | Accordo 9 marzo 2018 – Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva di Confindustria e Cgil, Cisl, Uil

L’accordo definitivamente siglato il 9 marzo 2018 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil è il risultato di un lungo ed articolato confronto.
Nel gennaio del 2016 le tre organizzazioni sindacali avevano elaborato un documento unitario sulle relazioni industriali che non era stato accolto con favore da Confindustria.
In quel documento, infatti, non si individuava una chiara affermazione sulla necessità di un cambiamento della futura contrattazione collettiva che, pur salvaguardando il ruolo centrale del contratto collettivo nazionale di lavoro, valorizzasse adeguatamente la contrattazione di secondo livello e il collegamento virtuoso tra la crescita dei salari e la crescita della produttività delle imprese.

Nonostante il dissenso apertamente manifestato sul tema della contrattazione, Confindustria, nel corso del 2016, aveva proseguito un confronto con le tre confederazioni sindacali al punto da siglare due importanti accordi interconfederali, l’uno nel mese di luglio (avente ad oggetto la fruizione dei benefici della c.d.”detassazione” dei premi di risultato anche per le imprese prive di rappresentanza sindacale), e l’altro, nel mese di settembre, sulle gestione delle crisi aziendali anche tramite il “piano di ricollocazione”, proposta poi accolta, nella sostanza, dalla legge di bilancio per il 2018.

Soltanto nel dicembre del 2016, però, sempre su iniziativa di Confindustria, si diede formalmente avvio ad una nuova fase del confronto sulle tematiche della contrattazione che, peraltro, aveva già mosso, in precedenza, qualche passo.

Dunque, dopo una lunga fase negoziale, si è giunti alla formale definizione dell’accordo sui contenuti e gli indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva.
Le posizioni espresse da Confindustria, nel negoziato, sono state elaborate con un costante coinvolgimento delle categorie e dei territori, con un approccio “bottom up” e in coerenza con i principi e gli indirizzi strategici elaborati dal Gruppo Tecnico lavoro e relazioni industriali e del Comitato di coordinamento contrattuale di Confindustria.

Le ragioni dell’accordo

L’accordo si apre esplicitando il perché si è ritenuto necessario giungere alla sua sottoscrizione.
Le parti hanno tenuto ad evidenziare che, per favorire i processi di trasformazione nella manifattura e nei servizi innovativi, tecnologici e di supporto all’industria, deve ritenersi necessario un sistema di relazioni industriali più efficace e partecipativo.
Di qui l’importanza di definire, al livello interconfederale, linee di indirizzo che garantiscano una governance equilibrata alla contrattazione collettiva e alla bilateralità con l’obiettivo di:
 condividere una visione comune dell’economia e della società italiana,
 condividere la volontà di essere un punto di riferimento positivo per il Paese,
 condividere la necessità di accompagnare la crescita e la competitività delle imprese, in tutte le aree del Paese, con un modello di relazioni sindacali flessibile, attento alle differenti situazioni settoriali e orientato a valorizzare il rapporto fra salari e produttività, in coerenza con l’accordo interconfederale del 14 luglio 2016;
 condividere un impegno a progettare insieme un welfare più universale, inclusivo e giusto valorizzando il contributo integrativo che può venire dalle iniziative della contrattazione collettiva, anche di secondo livello;
 condividere una progettualità diffusa orientata a mettere al centro la persona e la sua occupabilità, agendo sull’orientamento, l’istruzione, la formazione professionale e continua, valorizzando l’alternanza, i percorsi duali e il ruolo dei fondi interprofessionali;
 condividere un impegno comune per rendere più efficiente e dinamico il mercato del lavoro, valorizzando, finalmente, le politiche attive come già condiviso nell’accordo interconfederale del 1 settembre 2016;
 condividere la volontà di portare a compimento il progetto intrapreso con il TU del 10 gennaio 2014 per un sistema di relazioni sindacali, autonomo e ordinato, fondato sui principi della rappresentanza e in grado di dare vita a un modello contrattuale non conflittuale, ma partecipativo e utile alla competitività delle imprese.

Le parti hanno poi individuato tre obiettivi centrali da perseguire.

Tre obiettivi centrali

I. Un impegno comune per incrementare la competitività delle imprese nel quadro di una crescita sostenibile.
II. Un impegno comune per un mercato del lavoro più dinamico ed equilibrato, mettendo al centro imprese e occupabilità delle persone.
III. Un impegno comune per introdurre un nuovo modello contrattuale e di relazioni industriali che rafforzi il collegamento tra produttività del lavoro e retribuzioni, contrastando il dumping contrattuale.

Il primo obiettivo dell’intesa è mettere al centro delle relazioni sindacali la questione industriale e, più in particolare, il tema della competitività delle imprese italiane. I processi di trasformazione in atto nella manifattura e nell’economia italiana impongono, infatti, una riflessione, a tutto campo, sui fattori che devono permettere al nostro sistema produttivo di continuare ad essere il motore della crescita e, quindi, attraverso il lavoro, il primo fattore di sviluppo di una società dinamica e inclusiva.
L’accordo sottolinea la necessità che le relazioni sindacali operino per colmare rapidamente quel divario che ancora esiste fra quel 20% di imprese che innovano, competono, esportano, crescono e quel 60% che potrebbe ambire a fare altrettanto ma che, ancora, non può dirsi a pieno titolo nel gruppo di quelle imprese che sospingono la crescita del nostro Paese.

Il secondo obiettivo dell’intesa è cambiare l’equilibrio del nostro mercato del lavoro. E’ convinzione condivisa tra le parti firmatarie che occorra collaborare alla realizzazione di un sistema di politiche attive, finalmente, all’altezza del nostro Paese. Già l’accordo interconfederale del 1 settembre 2016, recepito nell’ultima legge di bilancio, traccia le linee guida per agevolare le ristrutturazioni aziendali, aiutando le persone a trovare lavoro. Allargando il confronto sugli ambiti territoriali (in particolare il Mezzogiorno) e su diversi temi (welfare, sicurezza sul lavoro, occupazione, giovani, orientamento, istruzione e formazione professionale) si conferma la volontà di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil di incidere su questioni strategiche per lo sviluppo del Paese anche attraverso le relazioni sindacali.

Il terzo obiettivo dell’intesa è condividere un nuovo modello contrattuale, ordinato e flessibile, mantenendo i due livelli di contrattazione e favorendo il collegamento fra salari e produttività, come previsto nell’accordo interconfederale del 14 luglio 2016. Impegnandosi ad individuare i perimetri contrattuali e la misura della rappresentanza datoriale, si tende a consolidare l’autonomia e il ruolo delle parti sociali nella definizione delle regole del lavoro, contrastando il dumping fra contratti collettivi, e garantendo il rispetto delle regole della concorrenza.
L’accordo, come si diceva, affronta il tema cruciale della democrazia sindacale e della misura della rappresentanza.
Democrazia sindacale e misura della rappresentanza
L’accordo vuole contrastare la concorrenza sleale causata dai contratti “pirata”, che stabiliscono condizioni di lavoro e retribuzioni del tutto irragionevoli e non eque, e che finiscono per “spiazzare” le imprese regolari.
A tal fine l’accordo mira ad introdurre la misurazione della rappresentanza datoriale e a rafforzare i sistemi di rilevazione di quella delle organizzazioni sindacali con l’obiettivo di identificare con chiarezza, per ogni settore, il contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dalle organizzazioni effettivamente più rappresentative.

L’obiettivo strategico è quello di arrivare a identificare con certezza il CCNL di riferimento per ogni ambito contrattuale (cioè il contratto collettivo nazionale di categoria stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali che rappresentano la maggioranza di lavoratori e imprese) in modo che il legislatore sia orientato a riconoscere i benefici previsti dalle leggi (decontribuzione, detassazione, benefici vari e accesso ai pubblici appalti) solo alle imprese che applicano questo CCNL.

L’accordo interviene sotto tre diversi profili per garantire l’obiettivo di certificare l’effettiva rappresentatività dei soggetti negoziali.

• completare l’attuazione del sistema di misurazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali previsto del Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014;
• introdurre la misurazione della rappresentanza datoriale avviando un percorso che coinvolga tutte le principali associazioni di rappresentanza dei datori di lavoro per definire le modalità per la misurazione della rappresentanza della parte datoriale;
• realizzare una precisa ricognizione dei perimetri dei singoli contratti collettivi nazionali di categoria che valorizzi un’effettiva correlazione tra CCNL applicato e attività di impresa;

Al termine di questo percorso, l’accordo prevede che le parti stipulanti, coadiuvate anche dal Cnel, concordino le proposte da rivolgere ai soggetti istituzionali interessati (non escluso il Parlamento) per l’adozione di regole che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi suddetti.

Principi per regolare assetti e contenuti della contrattazione

Sono state definite anche linee di indirizzo generali entro le quali dovrà svolgersi la contrattazione collettiva, ai suoi differenti livelli.

L’obiettivo strategico è spostare il focus dei rinnovi contrattuali dai minimi tabellari ai trattamenti economici complessivi. Determinare il valore del TEM consentirà di dare un parametro al legislatore qualora volesse fissare un salario minimo legale. Affidare al TEC il compito di adeguare a ciascun settore la contrattazione collettiva, consentirà di meglio distribuire il peso economico della contrattazione fra i due livelli e di computare nei costi economici dei rinnovi contrattuali, sia il salario che il welfare.

Nel dettaglio, le linee di indirizzo confermano, anzitutto, che la contrattazione collettiva si svolgerà su due livelli, il nazionale e l’aziendale, ovvero il territoriale, laddove esistente secondo le prassi in atto.
A ciascuno dei due livelli dovranno essere assegnate specifiche caratteristiche e funzioni, evitando improprie sovrapposizioni e, dunque, favorendo il miglior coordinamento possibile.
Al contratto nazionale viene confermato il tradizionale ruolo di garante dei trattamenti economici e normativi, comuni a tutti i lavoratori del settore, e di regolatore delle relazioni sindacali di settore.

Viene inoltre affermata con forza la necessità di uno stretto legame tra produttività e trattamenti economici, specie a livello aziendale.

Per favorire l’affermazione di questo forte legame viene prevista quella che costituisce una principali novità dell’accordo, ossia l’introduzione del trattamento economico complessivo (TEC) e del trattamento economico minimo (TEM).

Il contratto collettivo nazionale di categoria individuerà, anzitutto, i minimi tabellari, per il periodo di vigenza contrattuale, intesi quale trattamento economico minimo (TEM).

La variazione dei valori del TEM (minimi tabellari) avverrà in funzione degli scostamenti, registrati nel tempo, dell’IPCA (depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, come calcolato dall’Istat), ma secondo modalità decise dai singoli contratti.
I valori del TEM potranno essere modificati in ragione dei processi di trasformazione o di innovazione organizzativa, ossia ove si verifichino profonde modifiche nei sistemi di inquadramento previsti dal ccnl.

Il trattamento economico complessivo (TEC) sarà costituito dal trattamento economico minimo (TEM) e da quei trattamenti economici (forme di welfare comprese) che il contratto collettivo nazionale di categoria qualificherà come “comuni a tutti i lavoratori del settore”.

Una innovazione di grande rilievo è che sarà il CCNL a decidere a quale livello di contrattazione potranno essere erogati i singoli trattamenti economici che compongono il TEC e a chiarire “il perché e la durata” di quell’erogazione, disciplinando anche gli effetti economici “complessivi” determinati da quanto erogato al primo e al secondo livello di contrattazione collettiva.

Ciò significa che una volta determinato il livello del TEC, il ccnl sarà libero di “delegare” anche alla contrattazione aziendale il compito di raggiungere quel livello, secondo modalità che potranno essere decisa da ogni singola impresa.

Questo compito sarà facilitato dal fatto che il ccnl dovrà indicare con trasparenza la durata e la causa dei trattamenti economici che compongono il TEC, mettendo in condizione, in tal modo, la contrattazione aziendale, laddove sia previsto, di operare gli “adattamenti” del caso.

E sarà sempre cura del ccnl di disciplinare gli eventuali effetti economici che potrebbero derivare dalla sommatoria della contrattazione tra primo e secondo livello.

In coerenza con questa impostazione, che mira a valorizzare l’apporto della contrattazione di secondo livello, è stato espressamente previsto che il contratto collettivo nazionale di categoria dovrà incentivare lo sviluppo virtuoso della contrattazione di secondo livello, anche valorizzandoi contenuti dell’accordo interconfederale del 14 luglio del 2016.

Welfare

L’accordo muove dalla premessa che il welfare pubblico rischia di non essere più sostenibile e che il welfare integrativo contrattuale è segnato da forti disomogeneità nei diversi settori.
Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, hanno pertanto condiviso la necessità di creare, attraverso accordi di livello interconfederale, una migliore governance per il welfare integrativo, in modo che siano elaborate linee di indirizzo e coordinamento delle relative iniziative.

In particolare, le parti hanno concordato sulla necessità di:

• orientare prioritariamente le scelte del welfare integrativo contrattuale verso la previdenza complementare, l’assistenza sanitaria integrativa, la tutela della non autosufficienza, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

• favorire la crescita dimensionale dei fondi complementari e la diversificazione delle scelte di portafoglio (anche a sostegno dell’economia reale del Paese), con l’obiettivo di far aumentare i livelli di efficienza ed economicità dei fondi e rafforzare, quindi, la previdenza complementare;

• avviare un confronto con le Istituzioni per migliorare la fiscalità di vantaggio sugli investimenti, sui rendimenti e sulle prestazioni dei fondi previdenziali e per tutelare da possibili interventi “esterni” alle parti la centralità della contrattazione collettiva nella disciplina della previdenza complementare e, quindi, gli equilibri negoziali che ne scaturiscono.

L’obiettivo strategico, dunque, è duplice: definire esattamente i confini fra il welfare pubblico e quello privato, dando maggiore coordinamento alle iniziative dei diversi livelli di contrattazione, e avviare un confronto con le istituzioni per ridefinire le contribuzioni obbligatorie che le imprese versano per il “welfare state”.

Infatti, è evidente la necessità sia di adeguare i sistemi di protezione sociale ai mutamenti in atto nell’economia e nell’organizzazione del lavoro, sia di rendere più eque le contribuzioni obbligatorie in ragione delle modifiche già apportate (ad esempio, al sistema degli ammortizzatori sociali).

Formazione e competenze

Sul tema della formazione Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, hanno scelto di valorizzare i percorsi e gli strumenti che coniugano virtuosamente formazione e lavoro, quali l’alternanza scuola-lavoro, l’apprendistato, gli Istituti Tecnici Superiori e la formazione continua.

L’obiettivo strategico è duplice: mettere al centro la formazione e l’occupabilità delle persone e condividere principi, indirizzi e iniziative comuni per dare alla scuola e al mondo della formazione professionale una interlocuzione unica e omogenea, migliorando così, la relazione con il mondo delle imprese e del lavoro.

A tal fine si è concordato che vanno incoraggiati percorsi formativi che, anche rafforzando anche l’orientamento scolastico, prendano le mosse dall’alternanza per evolvere nelle forme di apprendistato che collegano studio e lavoro (la “filiera” formativa).

Con riguardo alla formazione continua, le parti chiedono al Governo di avviare un grande piano di formazione, incentivato fiscalmente e realizzato anche attraverso i fondi interprofessionali, destinando risorse sempre più rilevanti alla formazione inerente “Impresa 4.0”.

Le parti concordano anche sulla richiesta di semplificare la regolazione dei fondi interprofessionali, anche per facilitare il loro apporto nei processi di riqualificazione professionale conseguenti alle crisi aziendali in coerenza con quanto prevede l’Accordo del 1 settembre 2016.

Sicurezza sul lavoro

Sul tema della sicurezza l’obiettivo strategico è quello di superare le contrapposizioni che ancora caratterizzano la relazione con le organizzazioni sindacali.

Le ingenti risorse che le imprese versano all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria possono e debbono essere utilizzate per favorire questo processo che si alimenta con la cultura della prevenzione.

Occorre, dunque, una maggiore diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Confindustria e Cgil, Cisl, Uil hanno pertanto espresso la volontà di riprendere il confronto per completare l’attuazione del Testo Unico sulla salute e la sicurezza.

A tal fine le parti intendono valorizzare le sinergie con l’INAIL con riferimento alle attività di prevenzione, ricerca e formazione portate avanti dall’istituto;
Le parti, inoltre, vogliono valutare approfonditamente la sostenibilità economica e finanziaria dell’Istituto a seguito della revisione del sistema tariffario.

Mercato del lavoro
Sul tema del mercato del lavoro l’obiettivo strategico è quello di cambiarne l’equilibrio, favorendo in particolare l’occupazione giovanile.

A tal fine le parti hanno concordato sulla necessità di collaborare alla realizzazione di un sistema di politiche attive all’altezza del nostro Paese, dando, in primo luogo, piena attuazione all’accordo interconfederale del 1 settembre 2016, recepito nell’ultima legge di bilancio, che agevola le ristrutturazioni aziendali, aiutando le persone a trovare lavoro.

Occorre inoltre proseguire negli sforzi per creare un mercato del lavoro più dinamico, che favorisca un efficace incontro tra domanda e offerta di lavoro e percorsi formativi di qualità per il reinserimento lavorativo.

Per contrastare gli effetti negativi che potrebbero derivare dalla non piena coincidenza tra i tempi di attuazione delle riforme delle politiche passive e quelle delle politiche attive, le parti hanno concordato sulla necessità di potenziare i soggetti, sia pubblici che privati, che si occupano di matching tra domanda e offerta di lavoro e gli strumenti (come l’assegno di ricollocazione) utili a tutelare e riqualificare la forza lavoro nelle situazioni di crisi.

Partecipazione

La volontà comune espressa nell’accordo è quella di favorire un più ampio ricorso alla contrattazione di secondo livello quale presupposto per incentivare la diffusione di forme di partecipazione organizzativa.

L’obiettivo strategico è quello di investire sulla partecipazione organizzativa che rappresenta non solo l’ambito in cui tradizionalmente la relazioni sindacali del nostro paese si sono esercitate ma, anche, il terreno sul quale si può meglio realizzare la condivisione degli obiettivi aziendali da parte dei lavoratori.

Si tratta, peraltro, di un ambito che il legislatore ha inteso incentivare fiscalmente e sul quale, pertanto occorrerà lavorare per un sempre più ampio riconoscimento verso le imprese impegnate in questo percorso.

 

Fonte: Confindustria

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Daniele Maoddi
Telefono: 0784 233316
Fax: 0784 233301
E-mail: d.maoddi@assindnu.it
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