LAVORO | Il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

Lo scorso 4 novembre è entrata in vigore la legge n. 199/2016, in materia di contrasto al lavoro nero e allo sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo, che riscrive anche il delitto di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, previsto dall'art. 603-bis del codice penale.

Il reato punisce chiunque recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, nonché chiunque utilizza la manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione illecita, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. Occorre evidenziare che, nonostante il titolo recato dalla legge, le disposizioni di carattere penale ivi contenute si applicano alla generalità dei datori di lavoro e non solo al settore agricolo.

Le principali novità della nuova fattispecie consistono nell'introduzione della punibilità del datore di lavoro (comma 1) e nella modifica dei c.d. indici di sfruttamento (comma 3).

Nel corso dei lavori parlamentari, Confindustria ha manifestato condivisione per la ratio dell’intervento, diretto a colpire il riprovevole fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro ma, al contempo, ha evidenziato il rischio di interpretazioni immotivatamente estensive dei cd. indici di sfruttamento che si applicano direttamente a tutti i datori di lavoro.

In particolare, Confindustria, da un lato, ha sensibilizzato le Commissioni competenti e il Governo e, dall'altro, ha elaborato alcune proposte emendative con l’obiettivo di collegare la sanzione penale alle violazioni gravi e reiterate di norme a tutela dei lavoratori, e non anche a violazioni di minore entità.

Tuttavia, la ferma posizione del Governo ha determinato la definitiva approvazione del testo, senza introdurre modifiche.

Ciò nonostante, anche per effetto delle sollecitazioni di Confindustria, ci sono i presupposti per superare in via interpretativa le criticità segnalate.

Infatti, il Governo ha accolto alcuni ordini del giorno con cui si impegna a: i) valutare eventuali modifiche della nuova fattispecie penale, con particolare riferimento agli indici di sfruttamento; ii) emanare circolari dirette a chiarire la portata di tali indici, anche per circoscrivere i casi in cui le specifiche violazioni possono essere il presupposto per configurare il reato di sfruttamento.

Inoltre sono molto importanti alcuni passaggi del dibattito in Aula che, innanzitutto, evidenziano la ratio della riformulazione dell’art. 603-bis c.p.: colpire le forme gravi di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori.

Proprio con riferimento agli indici di sfruttamento riteniamo opportuno segnalare alcune possibili criticità del testo specialmente laddove dovesse seguirsi un’interpretazione eccessivamente estensiva degli indici di sfruttamento.

Ad esempio, con riferimento al primo indice relativo alla violazione degli obblighi retributivi, un’interpretazione eccessivamente letterale e non condivisibile della disposizione potrebbe indurre a ritenere che la seconda parte della disposizione, relativa al trattamento “comunque sproporzionato” non richieda il requisito della reiterazione che, invece, viene espressamente previsto nella prima parte della medesima disposizione.

Analogamente e sempre in via interpretativa i riferimenti alle violazioni in materia di orario di lavoro e salute e sicurezza non offrono alcun parametro esplicito per quanto riguarda il livello di gravità della violazione medesima. Ne segue che, in astratto ed in maniera non condivisibile, una duplice mera violazione della disciplina dell’orario normale di lavoro potrebbe in astratto integrare il parametro fornito dall'indice di sfruttamento.

Proprio alla luce della necessità di escludere simili eccessive interpretazioni, nell'ambito del dibattito parlamentare è stato precisato che la nozione di sfruttamento implica una violazione temporalmente apprezzabile dei beni tutelati e non si esaurisce, invece, nella commissione di singole violazioni occasionali.

Al contempo è bene ricordare che affinché si integri la fattispecie delittuosa in esame è necessario che alla condizione di sfruttamento del lavoratore si affianchi l'approfittamento da parte del datore di lavoro dello stato di bisogno del lavoratore medesimo.

Sotto questo profilo il dibattito parlamentare ha chiarito che lo stato di bisogno non si identifica con il bisogno di lavorare per vivere e, invece, presuppone “uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, che, pur non annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale della persona”. In altri termini, viene richiamata l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza per chiarire la circostanza aggravante del diverso reato di usura, che si realizza quando esso è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno (art. 644, co. 5, c.p.).

Tali indicazioni rappresentano utili criteri di riferimento per indirizzare la corretta interpretazione della nuova fattispecie.

Per informazioni rivolgersi all'Associazione degli Industriali della Sardegna Centrale
Referente: Daniele Maoddi
Telefono: 0784 233316
Fax: 0784 233301
E-mail: d.maoddi@assindnu.it
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